Appunti di Storia moderna

giovedì 16 ottobre 2014

Dice che hanno fatto un film su Leopardi

Questa è una non-recensione: si tratta solo di appunti sconnessi a partire da un film che non ho ancora visto.

Faccio parte di quella schiera di persone che "il libro era meglio del film", quindi parto già col pregiudizio. Mi è capitato un sacco di volte. Per esempio, dopo aver letto un capolavoro straordinario come Madame Bovary di Flaubert, vidi il film e restai profondamente non già delusa, bensì incazzata. Non puoi abbassarmi il livello del libro con un film così scialbino, con un'attrice così "poco convinta" - me ne frego che si trattasse di Isabelle Huppert -, con un'atmosfera che ricorda tanto La casa nella prateria. Sono operazioni che non si possono perdonare. Se t'interessa fare una trasposizione da un testo, devi partire dall'obiettivo che la tua trasposizione non sarà la copia del testo stesso però didascalizzato, altrimenti lascia perdere, la tua è solo un'usurpazione indebita di materiale prezioso. Il film deve avere una sua autonomia estetica, come dire. Presente il concetto di minestra riscaldata? 
Una volta una tizia a uno pseudoconvegno disse, in fondo, Madame Bovary è la semplice storia di un adulterio...bene, questo concetto espresso da una persona che non aveva capito nulla del capolavoro di Flaubert, è esattamente lo stesso che possiamo trarre dal film su Madame Bovary. Il film, cioè, ci racconta l'adulterio e il suicidio, poi è stato bello ciao. 

Ma tornando al discorso, gira voce che hanno fatto un film su uno degli autori con cui ho sviluppato un legame affettivo di lunga data, cominciato in adolescenza proprio con le biografie - mi piaceva prima di tutto la sua vita: Leopardi era uno sfigato e pure triste! Leopardi era un erudito, sin da bambino! Era una persona sensibile, un incompreso, un disadattato... Cosa c'è di più interessante?  -  e proseguito con la prosa delle Operette morali e dello Zibaldone, che ho sempre preferito ai Canti. Ribadisco il concetto di Calvino: Leopardi sarebbe stato un grandissimo romanziere; nella prosa ha qualcosa di speciale.
Certo in questo caso non si tratta della trasposizione da un libro, ma della trasposizione da una biografia, il che espone il tutto a pressoché gli stessi rischi della prima, perché il pericolo di ridurre a una lettura, a un'aneddotica, all'arbitrarietà o meno di quel che piace a chi crea il film, è sempre presente. 
Ma innanzitutto quest'uscita cinematografica ha avuto il merito di farmene ricordare: da troppo tempo non pensavo più a Giacomo, presa da ben altre letture. Così, viste le clip, sono andata a riprendermi lo Zibaldone, questo magma incontenibile di pensieri e sentimenti. Immagino che l'uscita del film susciti la stessa reazione in più d'una persona. Questo m'interessa molto per via dell'anacronismo di Leopardi - nel senso polemico di cui sopra -: riattualizzare gli apparenti anacronismi è un'operazione che merita stima e incoraggiamento. Certo io non ho ancora visto il film, e come dicevo devo ammettere di partire già prevenuta. Innanzitutto il volto di Leopardi non lo immaginavo come quello di Elio Germano, e questo crea nella mia mente una dissonanza visiva che spero di mantenere: spero, cioè, che d'ora in poi nei miei pensieri Giacomo mantenga la faccia che in essi aveva prima, e pensandolo non pensi, per dire, alla faccia di Elio Germano. (Nulla contro questo attore, ci mancherebbe, spero si capisca che dico altro).
In secondo luogo, ho il terrore della piega da "fiction di papa francesco" o atrocità del genere. Purtroppo ho questa fastidiosa sensazione con moltissimi film italiani, che cioè mi sembrano tutte delle fiction, proiettate però su uno schermo più grande - in specie quelli biografici sulle Grandi Personalità Del Passato sono più esposti a questo rischio. Sarà riuscito Martone a evitare l'aria esasperantemente didascalica delle fiction? Sarà riuscito a non banalizzare, a non drammatizzare gratuitamente, a non imprigionare Giacomo dentro una lettura faziosa, restituendolo nella sua complessità? Chiedo, perché l'idea di fare un film su di lui, benché ammirevole, trovo che sia una sfida veramente tosta. Ciò non vuol dire che sia irrealizzabile. Trovare il giusto equilibrio è in fondo la sfida di ogni film. Va detto però che quando la storia è una storia ex nihilo siamo indubbiamente avvantaggiati; se si tratta invece, come in questo caso, di qualcosa di generalmente noto ai più, su cui cioè si è sedimentata una certa, come dire, forma di conoscenza collettiva, devi confrontarti con delle aspettative e, per fare un buon lavoro, devi deluderle risolutamente, audacemente tutte. 

Del resto, ammiro la scelta, anche la sola scelta di un soggetto come Leopardi, che nel senso comune è associato al ridicolo concetto di pessimismo (non si usi questa parola in mia presenza), alla gobba e allo studio matto e disperatissimo, nonché all'Infinito e alla Ginestra da mandare a memoria per un 6 in italiano al liceo, e invece fu una delle personalità più dense e vitali che la letteratura ci abbia mai consegnato. 
Subìta la catalogazione banalizzante da programma ministeriale, Leopardi ne esce irrimediabilmente compromesso: cosa può esserci d'interessante in un autore che sembra più una macchietta, un luogo comune sulla tristezza? Bisogna perciò uscire immediatamente dal concetto di programma e pure di ministeriale per accostarsi ai suoi testi così emotivamente connotati e così ricchi come i sentimenti di chi li creava; e per apprezzare tutte le sfumature linguistiche di un uomo così attento a cogliere le contraddizioni della vita, le pieghe dei sentimenti e così capace di modularne esattamente le forme nel linguaggio. Il film può dunque essere utile in tal senso: nel rendere vivo, degno di storia, qualcosa che l'aria burocratizzante dei programmi ministeriali, l'atmosfera stantìa delle scuole dalle pareti ingiallite in cui talvolta - non sempre per fortuna - si trova a essere letto, ha reso...poco interessante.

Ho sentito comunque un'intervista di Martone che dice di aver voluto porre l'accento sulla questione del corpo. Ho trovato molto interessanti queste parole. Leopardi aveva un corpo! Si tende a pensare, reduci da secoli di dualismo cartesiano, che corpo e mente siano due entità a sé stanti, e invece Leopardi stesso è la riprova del fatto che le cose non stanno affatto così. Qui si potrebbe aprire un intero capitolo sulla rimozione del corpo nella letteratura e nella filosofia occidentale da non so quale secolo a oggi...
Insomma s-concludo questa non-recensione ridandomi appuntamento a dopo la visione del film Il giovane favoloso, con la promessa che, se i miei pregiudizi saranno confermati, sarò molto cattiva; altrimenti, sarò pronta a metterli in discussione. 

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